Sulla rivista “Considerazioni di Storia e di Archeologia” (“CoStA”), n. 4 del 2011, diretta da Gianfranco De Benedettis, è presente il saggio dell’archeologo Davide Aquilano dal titolo “La Histonium dei Frentani e la costa d’Abruzzo e Molise nell’antichità. Una sintesi delle ricerche storiche ed archeologiche a Punta Penna di Vasto (CH)”.
Necessario punto di partenza per capire le dinamiche esplorate nel saggio è la citazione di un passo dello storico e geografo greco Strabone: «Nel territorio dei Frentani c’è Histonium, roccia a picco sul mare che appartiene ai pirati, le cui abitazioni sono assemblate con i rottami delle navi naufragate ed anche per il resto si dice che siano simili a bestie».
Occorre fare subito una precisazione: Strabone, vissuto in epoca augustea, descrive una situazione caratteristica invece del IV sec. a.C. (quando il commercio mercantile greco nell’Adriatico era ostacolato dalle attività piratesche), che probabilmente l’autore ha ripreso da fonti più antiche.
Al di là delle notizie relative alla pirateria, questo passo si è rivelato interessante perché rimanda al sito che poi si rivelerà essere quello di Punta Penna.
L’“Histonium” citata da Strabone infatti indica più località, ma la corrispondenza delle caratteristiche morfologiche descritte nel passo hanno fatto avanzare l’ipotesi che «il sito della frentana Histonium fosse da identificare sulla piana di Punta Penna».
Quest’area è stata a lungo oggetto di indagini archeologiche, accuratamente riportate dallo studioso. In particolare: «La campagna di scavo del 1993 e la successiva ricognizione archeologica sistematica condotta nelle estati del 2000 e del 2001 hanno consentito di trasformare in acquisizione storiografica quella che era un’ipotesi interpretativa» e cioè che «il centro urbano si sviluppò molto probabilmente attorno a un santuario, che dovette ricoprire il ruolo di capoluogo/capitale nell’ambito dell’organizzazione giuridica e politica dell’ethnos frentano».
Per capire come si è arrivati a questa conclusione, bisogna tener presente gli oggetti ritrovati, fondamentali nelle fasi di ogni ricostruzione storica:
1) il ritrovamento di tre iscrizioni in lingua osca in cui vengono ricordati due censori, un tribuno della plebe e forse un edile fanno pensare ad un centro di carattere pubblico;
2) la presenza di votivi e di elementi architettonici in terracotta o in pietra calcarea rimandano alla sfera del sacro;
3) un quarto testo osco, inciso sotto la base di un peso di stadera a forma di divinità, che altro non è che una dedica a Giove Libero, calco linguistico del metapontino Zeus Eleuterio, testimonia la circolazione della cultura greca in ambito italico;
4) l’esistenza di resti murari articolati secondo un progetto urbanistico e monumentale unitario rimandano ad un’area aperta capace di ospitare un grande numero di persone e merci;
5) materiali ceramici anforacei, pesi e iscrizioni in cui si fa cenno di ammende derivanti da sanzioni a mercanti che svolgevano attività illecite, portano invece a ipotizzare la funzione commerciale del sito.
In ultimo, «a Punta Penna sono state trovate anche numerose ghiande missili di piombo e di terracotta, che testimoniano l’utilizzo in loco di tale arma di offesa, particolarmente efficace se usata da una posizione elevata – come quella del promontorio – nei confronti di chi attaccasse dal mare».
Ora, dalla somma di tutti questi elementi è stato possibile arrivare a definire l’Histonium frentana come “un centro cultuale, amministrativo e commerciale di primaria importanza nell’ambito dell’economia adriatica ed italica, che con il suo foro ed il suo porto costituiva un luogo di raccolta e distribuzione delle merci provenienti dal mare come dai territori limitrofi collinari e montani attraverso la strada litoranea ed i percorsi che collegavano le aree interne con la costa”.
Nelle conclusioni del saggio, Aquilano ricorda che: «La popolazione fu verosimilmente costretta ad abbandonare l’abitato frentano all’indomani del bellum Marsicum e a popolare la nuova Histonium fondata dai Romani nel sito che oggi corrisponde al cuore del centro storico di Vasto».
Torniamo ora alla questione riguardante la pirateria: un’iscrizione ateniese del 320 a.C. faceva cenno all’attività di pirateria tirrenica nell’Adriatico meridionale, cosa che ha fatto avanzare l’ipotesi che «Histonium fosse un covo di pirati etruschi, che avevano creato una sorta di rete di siti costieri funzionali al saccheggio delle navi e al danneggiamento del commercio greco».
Riprendendo il passo di Strabone, è lecito pensare che esso «risenta della situazione venutasi a creare nell’Adriatico all’indomani del foedus tra Frentani e Romani del 304 a.C.». Questo accordo prevedeva l’attività piratesca, in questo caso dei Frentani, a favore dell’attività mercantile dei Rodii (alleati romani) nell’Adriatico, in contrasto quindi con la pirateria etrusca.
Valutando le due possibilità, lo studioso conclude: «La distanza di circa venti anni (320/304 a.C.) tra le due situazioni consente di ammettere che entrambe le ipotesi si siano verificate».
F. P.